A 25 anni di distanza dall’adozione unanime da parte di 189 paesi della Bejing Declaration and Platform for Action, la disuguaglianza tra donne e uomini è ancora un problema strutturale della nostra società.
Molto ancora resta da fare per abbattere il cosiddetto soffitto di cristallo, espressione coniata nel 1978 da Marilyn Loden la quale, durante una conferenza, argomentò che le donne non raggiungono il successo a causa di una cultura che ostruisce le nostre aspirazioni e non fomenta l’uguaglianza nelle opportunità.
Eppure c’è da essere ottimisti…
Una recente analisi dei dati mondiali ha infatti evidenziato un gender gap in miglioramento soprattutto nei Paesi a basso reddito in cui, negli ultimi anni, piccoli passi sono stati registrati nel campo dell’imprenditoria e, in particolare, dell’imprenditoria sociale e nelle cosiddette low-income economies.
Cosa succede in Italia?
Se consideriamo il periodo che va dal 2014 al 2020, l’occupazione femminile è quasi raddoppiata, passando dal 6.1% al 13.1%. Circa un milione e mezzo invece sono le imprenditrici italiane che hanno deciso di avviare una propria attività, portando così il nostro paese al secondo posto in Europa: nel solo 2018, sono nate ben 368 imprese femminili al giorno.
Qual è la situazione nel mondo?
I dati analizzati dal Global Entrepreneurship Monitor (GEM) e sintetizzati nel 2018/19 Women’s Entrepreneurship Report evidenziano significative differenze tra i paesi a basso e ad alto reddito. Il tasso di attivazione imprenditoriale risulta più alto in Africa Sub-Sahariana (21.8%) e in America Latina (17.3%), a differenza del vecchio continente e della regione MENA che registrano rispettivamente un 6% e un 9%.
Un esempio per tutti noi
Kamila Sidiqi è un’imprenditrice e attivista per i diritti delle donne, CEO e founder di Kaweyan Group of Companies (KBDS), un’impresa che dal 2004 favorisce l’ascesa di imprenditrici afgane nel settore del commercio e consulenza. Nel corso degli anni, con oltre cinquanta progetti, KBDS ha supportato circa 10.000 persone di cui il 70% è rappresentato da donne afgane.
Kamila Sidiqi è un’imprenditrice che ha avuto il coraggio di affrontare una società come quella afgana che non permette alle donne di uscire di casa da sole, ma soprattutto non consente loro di lavorare né di studiare dopo gli 8 anni.
Il percorso di Kamila Sidiqi è stato inizialmente ostacolato dalle innumerevoli minacce di morte in quanto sosteneva le donne della sua comunità a intraprendere una propria attività, insegnando loro a cucire. E lo ha fatto in un periodo in cui uscire di casa per comprare i materiali o per vendere i prodotti finiti significava essere sempre accompagnata da un uomo, per non rischiare di richiamare l’attenzione delle autorità talebane.
Women’s rights are human rights
L’empowerment delle donne sta dunque registrando lenti ma considerevoli progressi. Del resto ridurre la disuguaglianza di genere ha un impatto positivo sulla società e sull’economia; per questo motivo, nel settembre 2015 i leader di oltre 150 paesi hanno approvato l’Agenda 2030 per uno Sviluppo Sostenibile il cui obiettivo 5 è volto a raggiungere la parità di genere anche attraverso l’effettiva partecipazione delle donne a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica di ogni paese.